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Deathtale
The Origin Of Hate
Art Gates Records

Gruppo cattivissimo proveniente dall’Olanda, pesante ma anche raffinato, come esplicano chiaramente i begli assoli taglienti ma anche melodici. Terzo album che splende per potenza e per tecnica. Muro sonoro impattante ma anche comportamento variegato ed imprevedibile.

L’intro “THE DARK ONE”, molto riuscitamente atmosferico, è denso e non annoia affatto; esso presenta bene un album che gioca molto sullo spirito angosciante come la seconda traccia “BLOODGOD” racconta adeguatamente in un violento Thrash Metal spintissimo e bellissimo, nel bel cantato roco e forsennato non del tutto in Growl. “BORN AND BROKEN” più caustico, ma intellegibilissimo, è pieno di grinta iraconda, e i suoi riff secchi e netti posseggono una certa personalità. “UNLEASH THE WOLVES” incombe con una cavalcata che cerca poi di essere orecchiabile nel ritornello, come fanno gli Arch Enemy, ma superandoli senza tanto sforzo. “SEVEN SINS” più che thrash sembra Power-Metal, ma con l’impeto veemente che non perdona, e con una incredibile attitudine prog che si percepisce solo se si sta attenti.

La title-track “The Origin of hate” parla un po’ il linguaggio Death Metal pur rimanendo di anima Thrash, usa meno velocità ma la brace arde scottando i padiglioni auricolari; il suo assolo è di impronta più epica e dispiace che termini presto. L’acusticità iniziale di “Embrace the Fire” non deve confondere perché arriva subito un ritmo cadenzato che porta con sé la solita durezza, sebbene vi sia una certa malinconia generale, e qui il brano non raggiunge il livello degli altri pezzi dimostrando forse che questi musicisti sono portati meglio agli assalti feroci. Più in basso di tutti sta “Walk on Water” che però rappresenta il momento quasi Punk-Hardcore del combo, nella sua agitata urgenza, per quanto l’assolo sia invece più classicamente Heavy Metal (ed è ciò che salva la song). Se il Thrash fa il verso al Metalcore, qui in “The Heretic” la cosa riesce benissimo e con la pazzia giusta.

Se poi ascoltiamo “Hell exists” vediamo anche il lato funny della band; per chi è abituato a metal più estremo questa modalità metal, per quanto dura, non appare eccessiva, e così un fruitore di tal fatta riesce a percepire la leggerezza del pezzo. Per concludere la rabbia emerge con la quasi crossover “Hypocrite” che rimane integerrima nel suo essere puro metal nonostante questa interfaccia appena accennata col Nu-Metal, e  lascia il segno con la sua insistente ritmica collerica.

L’insieme è ben amalgamato, ma in realtà le ispirazioni lette sono molteplici girovagando in modo esteso nella musica metal; si capisce perfettamente quanto questi metaller abbiano ben digerito e ben assimilato tutto il panorama metallico. Il cantante usa il roco, il growling e lo screaming esprimendo una notevole capacità esecutiva che fa brillare i vari pezzi. La sezione ritmica sa imporre la propria anima senza incongruenze e la chitarra, sia riffica che solistica, è l’elemento più sensibile all’eleganza ampliando uno spettro sonoro a rischio claustrofobia; e invece il tutto suona lontano da chiusure ambientali anche se la cifra stilistica è univoca. Siamo di fronte ad una prova significativa dal valore ineccepibile, che regala momenti di esaltazione e con la massima produzione adrenalinica, sfruttando si, le abilità strumentali da considerare virtuosistiche, però soprattutto immettendo il cuore in pezzi compositivamente davvero ispirati. Una band che non dovrebbe essere considerata minore perché nulla suona come ricopiaticcio. Dove essi trovano soluzioni classiche del genere, esse sono utilizzate con matura responsabilità.

Roberto Sky Latini

 

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